Addio agli incantesimi: Gemini 3 uccide il Prompt Engineering (e forse è meglio così)

C’era una volta – ovvero sei mesi fa, un’era geologica in termini digitali – la figura mitologica del “Prompt Engineer”. Ci eravamo illusi, con quella nostra commovente arroganza umana, che per domare l’Intelligenza Artificiale servissero formule magiche, “per favore” strategici e lunghe premesse in cui chiedevamo al computer di “agire come un esperto di marketing premio Nobel”.

Bene, smettiamola di prenderci in giro. Con l’arrivo di Gemini 3, tutto questo teatro è finito. E la verità, per quanto faccia male al nostro ego di aspiranti stregoni digitali, è che le regole sono cambiate perché la macchina ha smesso di aver bisogno delle nostre stampelle.

Ecco perché il vostro vecchio modo di chiedere le cose è diventato improvvisamente obsoleto come un fax.

1. La fine delle buone maniere

 

Fino a ieri, trattavamo l’AI come un bambino prodigio ma insicuro: bisognava guidarlo passo passo (“Think step by step”), incoraggiarlo, quasi coccolarlo affinché non allucinasse. Gemini 3, con i suoi nuovi modelli di ragionamento, è diventato un adulto cinico e competente. Non vuole che tu gli spieghi come pensare; lo sa fare meglio di te. Il nuovo prompt perfetto non è una poesia, è un ordine di servizio. La prolissità non è più sintomo di precisione, ma di confusione. La regola ora è spietata: meno aggettivi, più dati.

2. Il contesto ha ucciso la sintassi

 

Per anni ci siamo preoccupati della forma della domanda. Ora conta solo la sostanza del materiale che gli dai in pasto. Grazie a finestre di contesto che sembrano infinite, Gemini 3 non ha bisogno che tu gli riassuma la situazione. Vuoi un’analisi? Non descrivergli il problema. Carica il bilancio degli ultimi dieci anni, le email del tuo capo e il manuale tecnico, e poi digli semplicemente: “Trova l’errore”. È un cambio di paradigma umiliante per chi amava scrivere: la tua capacità di sintesi è irrilevante. Vince chi fornisce la materia prima più grezza e completa. Siamo passati da scrittori a magazzinieri di dati.

3. Ragionamento “chiavi in mano”

 

La novità più disturbante è che non dobbiamo più scomporre i problemi complessi. Prima dovevamo masticare il problema per l’AI. Ora, con le capacità di reasoning profondo, Gemini 3 si prende il tempo di “riflettere” (quel delay che notate prima della risposta). Lui simula il dubbio, controlla i fatti, pianifica. Noi siamo spettatori passivi del suo processo cognitivo. Chiedergli di “pensare passo dopo passo” oggi è ridondante, quasi offensivo. È come dire a un chirurgo di ricordarsi di lavarsi le mani.

La dura lezione

 

Gemini 3 ci insegna una lezione che fatichiamo ad accettare: la complessità non è una virtù, è solo un ostacolo che non avevamo ancora automatizzato.

Il nuovo modo di interagire non richiede creatività letteraria, ma chiarezza d’intenti. Non serve più saper parlare bene alla macchina; serve sapere esattamente cosa diavolo vogliamo ottenere. E forse è questo che ci spaventa di più: ora che l’AI capisce tutto, non abbiamo più la scusa che “non ci siamo spiegati bene”. Se il risultato è mediocre, è perché la nostra richiesta era mediocre.

Benvenuti nel futuro, dove la macchina lavora e noi restiamo soli con la nostra mancanza di idee.

Share this post

Ancora fame?